Un uomo al suo posto

Da diversi anni mi occupo di quelle persone che abbiamo sigillato un patto speciale con il proprio luogo, che ne abbiano fatto piena interpretazione e che siano in grado di emanare quella precipua energia di chi sia in relazione con il mondo che lo circonda.
Sovente le nostre giornate sono scisse fra varie incombenze pratiche e mentali che ci impediscono di percepire un “qui e ora” naturale, equilibrato. Il novero di attitudini eterodirette, di vincoli sociali e oneri emotivi indisciolti alterano la nostra collocazione spaziotemporale e ci restituiscono una virtualità sensoriale lontana da ciò che di circadiano vive in noi e chiede di essere accordato di nuovo.
Tutto ciò che viene visto in un documentario (che risponda alle logiche di interpretazione del suo autore più che a quelle illustrative di un servizio giornalistico) è il risultato di una lettura che mette in salienza una particolare volontà del regista, una visione del mondo. Essendo dunque la temporalità intesa non tanto come cronologia quanto come “presenza” o “coscienza” all’esistenza il campo di indagine del mio cinema, ho fatto esperienza dei tempi di alcune persone che ho incontrato casualmente (che, fino ad ora, sono i tempi della civiltà contadina, del lavoro agro-silvo-pastorale) cercando di presentarli in una forma che pulsasse della sostanza stessa del tempo della vita. Ciò ha comportato minuziosa osservazione, accoglimento dell’inatteso o del semplice nulla, lentezza e, appunto, contemplazione. Dal khrónos al kairós (dal tempo logico e sequenziale a quello “opportuno”, “nel mezzo”) si scopre come sono fatti gli accadimenti.
Da questo atteggiamento “lento” sono nati i film della trilogia di Olga: “Olga e il tempo”, parti I-III (2007-2012), “Sentire l’aria” (2010) e vari cortometraggi su altrettanti microcosmi per lo più di ambientazione biellese.
“Un uomo al suo posto” vuole raccontare la scelta di vita di Giuseppe Pozzi, creatore del “luogo” Alpe Sattal ed esempio di autodeterminazione, sostenibilità, interpretazione di un ritrovato rapporto con la natura, istanza di microeconoma montana. Il tutto calato dentro lo straordinario scenario del comprensorio del Monte Rosa con tutto il portato della tutela paesaggistica, della valorizzazione del comparto turistico e dei beni ambientali. Il ruolo di “primo piano” del racconto (Giuseppe) e di “sfondo” (il Monte Rosa, la Montagna) sono da intendersi come continuamente interscambiabili: si tratta certo di un lavoro “character driven” ma orientato a trarre ciò che di universale può trasmettere la scelta del protagonista.
Giuseppe P. ha poco più di quarant’anni. Quando ne aveva 26 è partito dalla Lombardia per cercare un posto dove vivere. Un posto che “doveva essere almeno un’ora a piedi dalla macchina, panorama incredibile, acqua di sorgente, isolato, sole anche d’inverno”.
Una quindicina di anni fa ha trovato un vecchio alpeggio ridotto ad un cumulo di pietre a due ore di cammino da Alagna Valsesia, in Piemonte, sotto al Monte Rosa. 2200 metri di altitudine, un poggiolo panoramico, il teatro di pietra delle Alpi a far da quotidiano spettacolo.
Con le sue sole mani Giuseppe ha smontato ciò che rimaneva della stalla e in una manciata di mesi ha costruito il suo sogno. Il suo posto. Da allora lunghi silenzi invernali si alternano a limpide estati piene di visite e turisti: gli otto posti letto dell’Alpe Sattal, così si chiama la baita, sono a disposizione di quanti vogliano salire su questo piedistallo di cielo e incontrare un uomo al suo posto.
La vicenda di Giuseppe è quella di una persona che ha dato forma all’imperativo dell’autorealizzazione in un tempo preciso – quelle delle “grandi decisioni”, come dice lui – e in un luogo precipuo calato dentro un peculiare scenario ambientale, il comprensorio del Monte Rosa. Raccontare una sola giornata di quest’uomo vuole dire indagare la relazione tra l’Uomo e la Natura: mostrare la nudità di un’ascesi terrena volta all’investigazione di sé attraverso un gesto che è quello di un singolo ma che rappresenta l’aspirazione di molti.

Un “carattere”, dunque, che racconta la natura. Giuseppe è simbiotico con la pietra. Le mani sono diventate tenaglie, i piedi zoccoli; il viso ruvido si appuntisce per fendere l’aria gelida ma non risparmia sorrisi fugaci. Rosso di pelle, gli occhi rapidi, quest’uomo è capace di lavorare 48 ore di seguito, inerpicarsi con 35 chili di zaino per camminate notturne, tracciare il sentiero per la baita dopo tre metri di nevicata. L’uomo si è adattato alla natura, l’ha interpretata. Nascosto ma non estraneo alla società, Giuseppe è al centro del suo mondo: “fa” sé stesso, si “vive”. Osserva, non senza orgoglio, il capolavoro di fatica che è la sua vita. La durezza del suo demone è quella della sua intima verità, dello spirito solitario che si fa modello di pienezza immanente. E, anno dopo anno, il “quaderno delle visite” dell’alpe Sattal si riempie di eccezionali messaggi di affetto e riconoscenza. L’Uomo al suo posto insegna qual è il posto dell’uomo.
Questo posto è un francobollo pianeggiante ai piedi del Monte Rosa. Giusto lo spazio della baita, dell’orto e del capanno per gli attrezzi. Tutto intorno il ricamo lussureggiante della Valsesia, nobiltà tortuosa scolpita nei millenni dal fiume Sesia, in provincia di Vercelli ma nel cuore delle Alpi. In basso, Alagna, o Im Land – il nome del paese in lingua locale, quella delle antiche popolazioni Walser – accoglie nella sua conca valli dai differenti aspetti, molte delle quali sono racchiuse nell’area del Parco Naturale Alta Valsesia, il parco più alto d’Europa, i cui confini raggiungono i 4554 metri della punta Gnifetti.
L’”uomo al suo posto” vive un esempio di “accordo” con il territorio, con gli elementi. Alla sua maniera Giuseppe ridefinisce e coniuga le espressioni di ripopolamento alpestre, tutela del paesaggio, valorizzazione delle risorse naturalistiche e cultura della montagna. Un documentario e un libro sulla sua esperienza vogliono coniugare la singolarità del suo titanismo fisico e del suo calarsi dentro un Sé affamato di esistenza con la generale valenza della ricerca di identità, dove la montagna fa da scenario simbolico alle difficoltà e alla bellezza della vita.

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unuomoalsuoposto.it

Il Monte Rosa da Sattal

Il Monte Rosa da Sattal

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